IL PRINCIPIO DELLA BIGENITORIALITA’
Cosa significa essere genitori?
Si dice che il lavoro del genitore sia quello più difficile del mondo, soprattutto oggi che l’evoluzione sociale ha contribuito a modificare valori e principi comuni.
Ammettiamolo, la famiglia del mulino bianco non esiste! Accanto all’evento gioioso che caratterizza la nascita di un figlio, ve ne saranno nel futuro altri decisamente meno felici che richiederanno un forte senso di responsabilità e presenza costante del papà e della mamma.
Essere genitori significa assumere un ruolo che ci accompagnerà per tutta la vita, anche quando i figli saranno grandi e a loro volta avranno creato un loro nucleo familiare.
Per contribuire a realizzare la crescita dei nostri giovani i genitori hanno l’obbligo di indirizzare i figli verso la strada che li porterà al futuro, offrendogli delle basi solide per realizzare un sano percorso di crescita, finalizzato all’emancipazione e all’autonomia.
Ma questo è un lavoro che si fa in due annullando, preliminarmente, il mito dei ruoli patriarcali che vedeva da un lato la donna, vestire i panni esclusivi della madre impegnata nella gestione della casa familiare e nell’accudimento della prole e, dall’altro, la figura del padre, roccaforte della famiglia.
Quando cominciamo a parlare di bigenitorialità?
Il principio della bigenitorialità è un concetto che nasce alla fine degli anni ottanta, quando si cominciò a diffondere l’idea che i bambini hanno il diritto di mantenere un rapporto stabile con entrambe le figure genitoriali e soltanto una collaborazione attiva della coppia può consentire stabilmente uno stabile progetto di crescita, di educazione e di assistenza della dei figli.
Nel nostro ordinamento giuridico i diritti del minore (e dei figli in generale) sono superiori a qualsiasi altro interesse e assumono un rilievo inviolabile, sia che si tratti di una famiglia amorevole, sia nelle ipotesi di famiglia disfunzionale.
I maggiori problemi si riscontrano nei casi in cui i genitori, per le più svariate ragioni, decidono di porre fine alla loro unione. In tali ipotesi risulta difficile riorganizzare la nuova vita con quella del nucleo appena sciolto. Il problema, infatti, va oltre gli accordi di separazione ove le parti, nella maggioranza dei casi, regolano esclusivamente il di visita; di pernotto, il diritto di trascorrere le festività con i propri ragazzi o il diritto al sostentamento economico. Salvo ipotesi di grave conflitto, i figli minori sono sempre affidati ad entrambe i genitori (affido condiviso) ed anche se gli accordi scritti tra le parti, spesso non contengono specifiche tassative, la bigenitorialità impone che entrambi i genitori , in egual misura, dividano tra loro i medesimi compiti, ad esempio andare a prendere i figli a scuola, accompagnarli nello svolgimento di attività ludiche, aiutarli nei compiti, accompagnarli a sottoporsi a visite mediche.
Cosa dice la nostra Corte di Cassazione?
La giurisprudenza della Corte di Cassazione considera il principio della bigenitorialità come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione (Sentenza Cassazione n. 18817/2015).
Il principio è di notevole rilevanza soprattutto nei casi di separazione dei coniugi/partner, poiché, in tutti questi casi, la presenza degli stessi deve essere maggiormente garantita, anche se non convivono più nell’originaria casa familiare, impegnandosi a garantire un rapporto quanto più stabile ed equilibrato possibile.
Si sa, l’amore tra due persone può anche finire, ma il rapporto con i figli è un legame per tutta la vita.
È necessario e doveroso che i nostri ragazzi siano esclusi dalle conflittualità che possono colpire la coppia e per questo motivo il genitore, tra gli altri, ha il compito primario di rassicurare il figlio facendogli capire, dialogando con lui, che anche se il papà e la mamma non vanno d’accordo su determinate questioni ciò non intaccherà il loro legame e la famiglia continuerà ad esistere.
Cosa accade quando il rapporto è caratterizzato da una accesa conflittualità?
Nelle separazioni caratterizzate da una accesa ed insanabile conflittualità accade di frequente che i minori vengano travolti da cerimonie di vendetta e rabbia da parte dei genitori che si incolpano a vicenda per la rottura del rapporto, oppure un genitore impedisce al figlio di frequentare l’altro o denigra il genitore incolpandolo della rottura del nucleo familiare e così via.
Simili comportamenti influiscono negativamente sulla sfera emotiva e cognitiva dei figli i quali assumeranno condotte ambigue che si manifesteranno in diversi modi. A volte potrebbero prendere le parti di uno o dell’altro genitore; potrebbero diventare capricciosi in cerca di attenzioni, oppure si distaccano dal papà e dalla mamma, o hanno un basso rendimento scolastico o al contrario si buttano a capofitto in qualche attività, nei casi peggiori possono abusare di alcol e droga sin dalla giovane età. A ben vedere tutto questo è sinonimo di disorientamento a causa dell’assenza di quei punti cardinali che solo un genitore può dare.
La nostra giurisprudenza considera la bigenitorialità non come una porzione matematica paritaria dei tempi di frequentazione del minore, ma richiama il diritto di ciascun genitore, e quindi anche dei figli, ad essere presente in maniera significativa nella sua vita (Sentenza Cassazione n.31902/2018). In altri termini è doveroso che il genitore si renda disponibile ad un costante rapporto con il proprio figlio, indipendentemente dagli accordi di separazione nei quali sono indicati, per l’appunto, quasi matematicamente orari di visita; giorni festivi; e weekend.
Il minore deve coltivare e mantenere rapporti quanto più stabili con entrambi i genitori e questo è possibile soltanto con la presenza costante e l’affetto che i genitori, in posizione paritaria, devono incondizionatamente donare ai loro ragazzi.