Mediazione Familiare, un servizio per la famiglia in crisi
Nel nostro Paese esiste, a mio parere, una palese dissociazione tra le enunciazioni di principio circa la centralità della famiglia, la sua importanza sociale e l’assenza di reale tutela di essa, che si manifesta sotto molteplici aspetti, uno di questi, quello che qui interessa, è il modo in cui la famiglia, i suoi componenti, si trovino senza reale rete di protezione quando la crisi del rapporto coniugale ne determina la trasformazione.
Forse mancano, sia a livello sociale che istituzionale, e chissà se la nostra tradizione ha un peso in tal senso, la consapevolezza e la ferma convinzione che, pur dopo la separazione e il divorzio, la famiglia rimane tale, continua ad esistere, sebbene in forma diversa.
La famiglia in crisi, quindi, va aiutata nella sua fase di trasformazione, da famiglia unita sotto lo stesso tetto a famiglia “altra”, va aiutata a gestire quello che in parte è un lutto e in parte è una rinascita.
Va aiutata a capire che non c’è un genitore più importante di un altro, che è un’aberrazione ritenere che uno dei due (spesso il padre) abbia un mero “diritto di visita” dei propri figli, neanche fosse un lontano parente o un conoscente.
I genitori vanno invece sostenuti in questo percorso di uscita dal conflitto conseguente al dolore della crisi, e riportati a riappropriarsi responsabilmente ed a non perdere di vista la loro funzione genitoriale, che appartiene e compete ad entrambi in egual misura.
Per quanto sia indubbia l’evoluzione da quegli anni (bui) nei quali, in caso di separazione, i figli diventavano, senza se e senza ma, appannaggio esclusivo delle madri, ritenute uniche detentrici, nel sentire comune e nei provvedimenti dei giudici, della capacità genitoriale e di accudimento, rimane ancora molta strada da percorrere.
Troppo spesso, uno dei due genitori si trova a svolgere un ruolo marginale nella vita dei figli, i quali vengono privati del loro diritto ad avere una relazione sana e proficua con entrambi i genitori e con le loro famiglie di provenienza ovvero nonni, zii, cugini.
Troppo spesso, questo genitore si trova a dover elemosinare ogni singolo incontro con i propri figli, a non poter trascorrere con loro più di due giorni insieme, a non poterli avere con sé a dormire finchè non saranno ritenuti “sufficientemente grandi” per fare ciò.
Troppo spesso, questo genitore, escluse ovviamente le situazioni di reale grave difficoltà economica, si sente autorizzato a trovare escamotage per sottrarsi agli obblighi di mantenimento e di cura dei figli, individuando queste come uniche soluzioni possibili al conflitto.
Troppo spesso, le mail degli avvocati che assistono le parti registrano la richiesta di comunicazioni che attestano come queste abbiano perso di vista il loro essere genitori e la loro incapacità di vivere adeguatamente il loro ruolo nella separazione/divorzio: divieti di uno dei genitori a che i figli partecipino a ricorrenze che riguardano l’altro genitore o il ramo parentale di questi, litigi infiniti per il ritardo o l’anticipo nella “consegna” dei figli, per piccoli imprevisti che diventano montagne invalicabili, mancate comunicazioni sul rendimento scolastico, incapacità di gestire imprevisti e situazioni eccezionali, gli esempi sarebbero infiniti.
I figli diventano, così, ancora una volta vittime, sia delle dirette conseguenze pratiche di tali comportamenti, che dei rancori che essi scatenano nell’altro genitore.
Figli dilaniati da conflitti di lealtà, chiamati come sono, anche inconsciamente, ad allearsi con l’uno o l’altro genitore.
I Tribunali non sono certamente i luoghi adatti ad evitare che ciò accada.
La stanza della Mediazione, al contrario, è il luogo in cui le parti possono sciogliere quei nodi comunicativi che impediscono loro di rimanere centrati e focalizzati nel ruolo e nella relazione genitoriale, la quale non è certamente finita con la fine della relazione di coppia.
La stanza della Mediazione, grazie alla presenza del mediatore ed alla sua formazione specifica, è il luogo in cui le parti possono confrontarsi sulle questioni relazionali più profonde che sono alla base dei loro comportamenti, in un clima di rispetto reciproco dato dalla equivicinanza del mediatore ad entrambe le parti, in cui le loro esigenze verranno ascoltate così come verranno accolte le emozioni che esse suscitano.
Ciò consente alle parti di riacquistare la capacità di assumere insieme e responsabilmente le scelte e le decisioni riguardanti i figli, loro interesse comune e preminente, e la nuova organizzazione familiare conseguente alla separazione, capacità che viene fortemente offuscata se non compromessa quando il conflitto prende il controllo delle nostre vite.
Tutte queste ragioni, insieme al ruolo centrale che la famiglia riveste come nucleo sociale ed alla gravità delle conseguenze della crisi e del conflitto familiare, sui figli soprattutto ma anche sugli adulti, dovrebbero invece costituire le premesse sulle quali costruire un sistema che preveda l’istituzionalizzazione della mediazione familiare, come servizio da inserire strutturalmente nei procedimenti di separazione familiare, sul modello di quanto avviene in Paesi quali la Svezia o la Norvegia, che si basano su valori di fondo essenziali, ovvero:
- Le famiglie continuano ad esistere anche in caso di separazione
- I figli devono mantenere i rapporti con entrambi i genitori
- Le decisioni concordate dei genitori in prima persona hanno più probabilità di funzionare concretamente
- Attraverso la mediazione si possono raggiungere soluzioni reciprocamente accettabili più rapide e più adatte ai bisogni delle singole famiglie
- Le richieste e gli interessi individuali di ogni genitore devono essere capiti e presi in considerazione nel contesto dei bisogni e del benessere della famiglia nel suo complesso.
Sulla base di questi valori fondanti, la mediazione familiare dovrebbe diventare un servizio istituzionalizzato e strutturato, quindi non più demandato all’iniziativa saltuaria di Comuni o Enti o Tribunali particolarmente sensibili o alla stipula di protocolli di intesa diffusi a macchia di leopardo sul territorio, ma un percorso stabilmente integrato con l’iter giudiziario, al quale non può certamente sostituirsi, ma affiancarsi, per mantenere relazioni vitali per tutto il gruppo familiare e la comunità.